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La mente, nella cultura filosofico-scientifica occidentale, č stata per lungo tempo rappresentata come un sistema di specchi installati di fronte a una realtŕ in progressione dinamica. Come potrebbe uno specchio - costitutivamente estraneo alla realtŕ che fronteggia - riflettere di questa non solo immagini superficiali, ma anche configurazioni in grado di riprodurre fedelmente i processi interni, non visibili, della sua formazione? Dopo Kant ed Hegel, Bergson attinge ad un "pensiero-limite" che gli consente di leggere il mondo della coscienza come un modo d'essere "estremo". Guardando con coraggio nei fondali oceanici del "moi profond", Bergson inaugura un originale percorso di riscoperta dell'assoluto nel limite spazio-temporale del "moi social" attraverso un nuovo modo di vivere il tempo e il rapporto mente/corpo. In questa cornice, il distacco del soggetto dalla realtŕ intuita mediante l'atto della visione, consente a Bergson di sviluppare l'indagine dello sfondo virtuale della percezione e dei suoi universi di senso anteriori. Agli occhi del filosofo, il fenomeno anomalo della "vision panoramique des mourants" acquista cosě la funzione di ricordare al soggetto che le proprie azioni devono essere prese sul serio, perché tutto ciň che egli č stato e che sarŕ si conserva fatalmente nel ricordo, fino all'ultimo istante di vita...
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