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"La morte di Dio non č stata soltanto l''evento' che ha suscitato, nella forma che noi conosciamo, l'esperienza contemporanea: essa ne disegna indefinitamente il grande sostegno scheletrico. Bataille sapeva bene quali possibilitŕ di pensiero questa morte poteva aprire, e in quale impossibilitŕ essa impegnava il pensiero. Cosa vuol dire, infatti, la morte di Dio se non una strana solidarietŕ tra la sua inesistenza che esplode e il gesto che lo uccide? Ma cosa vuol dire uccidere Dio se non esiste, uccidere Dio che non esiste? Probabilmente, vuol dire ucciderlo perché al tempo stesso non esiste e affinché non esista (č la risata). Uccidere Dio per liberare l'esistenza da questa esistenza che la limita, ma anche per ricondurla ai limiti che questa esistenza illimitata cancella (č il sacrificio). Uccidere Dio per ricondurlo a quel nulla che egli č; per manifestare la sua esistenza nel cuore di una luce che la fa fiammeggiare come una presenza (č l'estasi). Uccidere Dio per perdere il linguaggio in una notte assordante, e perché questa ferita lo faccia sanguinare fino a che zampilli un 'immenso alleluia perduto nel silenzio senza fine' (č la comunicazione). La morte di Dio non ci restituisce a un mondo limitato e positivo, ma a un mondo che si snoda nell'esperienza del limite, si fa e si disfa nell'eccesso che lo oltrepassa." (Michel Foucault)
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