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Materiale confluito in queste pagine tra indagine e documentazione, riflessioni e impressioni, in una sorta di dialogo che ripercorre quei processi creativi che concorrono a legare il senso onirico dell’immagine al “bianco totale” di Malevič e, in particolare, al bianco che “crea vibrazione e poesia” nella pittura di Mark Rothko. E Irene Grazi apre, di volta in volta, una finestra sulla storia dell’arte e rievoca, fra segni e sensazioni, quella speciale percezione del bianco che in Giovanni Anselmo è sintesi, luce e forma nell’opera Senza titolo, struttura che beve del 1968. Il dialogo, quindi, si fa storia, frammento, rilettura dell’olandese Veermer, dell’intensità degli scatti fotografici di Tillmans, della materia di Thank you di Perino e Vele, fino ai corpi rivelati da George Segal e alla purezza cromatica di Vanessa Beecroft. Vi è nell’analisi della Grazi un inesausto rapporto con la cultura visiva e il fascino dell’assoluto, con la magia della luce e la ricerca della verità che è fondamentale in ogni artista, tra sottese e quotidiane emozioni e il rigore della scrittura di Giulio Paolini.
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