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Una meditazione sul senso della critica letteraria e sulla necessitŕ della ricerca di un lessico in grado di esprimere il proprio "debito grandissimo contratto con la letteratura, un debito di conoscenza e non di consolazione". Sc ... więcej
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Una meditazione sul senso della critica letteraria e sulla necessitŕ della ricerca di un lessico in grado di esprimere il proprio "debito grandissimo contratto con la letteratura, un debito di conoscenza e non di consolazione". Scritta in forma di lettera all'amico Marco Lodoli, la riflessione dell'autore parte dal presupposto che il linguaggio tecnico dell'Accademia e del giornalismo culturale abbia creato una codificazione artificiosa se non mortifera della trasmissione della cultura. Il tecnicismo ha finito per allontanare la letteratura dalla sua sorgente primaria, cioč dall'uomo e dalle sue emozioni, dal dolore, dalla felicitŕ, dalla paura. Da qui la necessitŕ vitale di creare un linguaggio critico naturale, di trovare "le parole giuste per dire la cosa", un metodo per avvicinare il lupo, quel temibile, inafferrabile sentimento del bello che assomiglia "alla felicitŕ e alla paura di essere vivi".
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