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Cosa succede quando la critica fraintende o contraddice la propria vocazione? Č possibile recuperare nel metodo la comprensione di un vero e proprio ecosistema della conoscenza? Quali sono le patologie che affliggono la critica? Che cosa c'č nel "sogno" della letteratura, in quel territorio affollato di visioni che ci ha dato insieme Don Chisciotte e Emma Bovary? E quand'č che il sogno si trasforma in responsabilitŕ? A queste e ad altre domande affascinanti cerca di rispondere il libro di Daniela Marcheschi, guidandoci attraverso le circostanze della grande storia letteraria, attraverso le tradizioni e le geografie culturali che via via si sovrappongono o si separano davanti agli occhi dell'interprete. Perché il critico deve sapere che la tradizione non coincide con la storia, e che il metodo, in quanto compresenza di elementi in equilibrio (visione, etica, gusto, conoscenza, stile...), richiede innanzitutto una "schietta intimitŕ con la vita", cioč una capacitŕ di comunione con l'esistenza che, sola, puň prepararci alle sfide intellettuali che coinvolgono il nostro passato e il nostro presente. La letteratura, ci avverte Daniela Marcheschi, "č come la mitica Atalanta che, piů corre, piů si adorna di bellezza e diventa imprendibile. Avviamoci allora a considerare noi stessi degli Ippomene fortunati, se qualche volta, prima che fugga di nuovo, riusciremo a trattenerla per un po'".
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